Il Piano Salva Coste parte da Genova – “Fermiamo l’erosione con il surf”

Lo leggiamo sul mumero del 17 novembre del Secolo XIX : Negli ultimi cinquant’anni l’Italia ha perso oltre 400 chilometri quadrati di spiagge. Una cifra che equivale a cancellare dalla mappa interi tratti di costa, un danno stimato in circa 50 miliardi di euro in servizi ecosistemici e in un colpo durissimo per l’economia turistica e la vita sociale dei territori.
coste

Ogni anno, cinque chilometri di litorale vengono cementificati. Una spiaggia su due è già colpita dai processi erosivi, e una su tre rischia di scomparire entro il 2100. È il ritratto di un Paese che si trova oggi davanti a una sfida cruciale: ripensare la propria relazione con il mare, abbandonando la logica delle opere rigide e dei rattoppi emergenziali per costruire un nuovo modello di difesa costiera capace di coniugare sostenibilità, innovazione e partecipazione.

A Genova, dove le mareggiate autunnali e gli effetti della tempesta Vaia hanno mostrato con forza la vulnerabilità di un litorale urbano densamente vissuto, è nata una risposta dal basso, giovane e ambiziosa: Genova Ocean Agorà. Un progetto cresciuto dal lavoro di un gruppo di ragazzi under 30 e oggi diventato un Consorzio con 36 enti consorziati, 11 partner e oltre 40 mila cittadini coinvolti tra soci, atleti, operatori e volontari. Una realtà benefit che unisce associazioni sportive, cooperative, piccole imprese e università con un obiettivo comune: trasformare il mare in uno spazio di comunità, protezione e rinascita.

«Genova Ocean Agorà nasce da un’idea giovane, dal basso, che mette al centro il mare vissuto quotidianamente: non come sfondo, ma come spazio di comunità, innovazione e sostenibilità», spiega Nicolò Di Tullio, presidente del Consorzio. «È un progetto che parte da una visione molto semplice: proteggere un tratto di litorale urbano dagli effetti del cambiamento climatico, creare le condizioni per una maggiore sportivizzazione dello spazio marino e proporre un modello nuovo, replicabile a livello nazionale, per costruire difese costiere multifunzionali e socialmente utili».

L’idea, racconta Di Tullio, è nata nel 2020 da un hackathon del Comune di Genova e si è sviluppata in un percorso di confronto costante con la cittadinanza, l’amministrazione comunale e la Regione Liguria. Oggi il progetto ha un piano tecnico approvato – il PFTE regionale – che prevede una doppia azione: da un lato la protezione del litorale di Sturla attraverso un ripascimento strutturale e un reef artificiale capace di dissipare l’energia delle onde; dall’altro la creazione di una vera e propria piazza sportiva in mare, un’infrastruttura blu dove tutela ambientale e pratica sportiva si intrecciano.

Il progetto, coordinato insieme alla cooperativa Geoscape e allo Studio Ferri-Gazzano, è il primo in Italia a unire ricerca scientifica, ingegneria costiera e sport. Dopo la tempesta Vaia del 2018, Geoscape – spin-off universitario fondato da giovani ricercatori – ha seguito numerosi interventi di ripristino della costa ligure, da Alassio a Ospedaletti. A Sturla, l’approccio diventa sperimentale: la prima fase del progetto prevede l’assestamento del litorale e il ripascimento di 10 mila metri cubi di sabbia; la seconda, la posa di un reef artificiale multifunzionale, con ulteriori 6 mila metri cubi di materiale, in grado di proteggere l’arenile e generare onde da surf. «Il nostro obiettivo – spiega Luigi Mucerino, ingegnere costiero di Geoscape – è superare la logica delle opere rigide e progettare sistemi capaci di adattarsi al mare, non di opporsi ad esso. Solo così le difese costiere possono diventare strumenti di resilienza, oltre che di rigenerazione urbana».

Un approccio sostenuto anche dal prof. Giovanni Besio, docente di ingegneria costiera al DICCA dell’Università di Genova, che da anni studia i processi di erosione e l’impatto delle mareggiate sul Mediterraneo, e che contribuisce al quadro scientifico del progetto attraverso modellazioni avanzate e analisi idrodinamiche.

Il presidente Di Tullio parla di «infrastrutture blu» come nuova frontiera per le città costiere. “Ancora oggi – spiega – troppe opere di protezione vengono concepite come barriere, costruite secondo le logiche degli anni Sessanta: rigide, difensive, scollegate dal contesto ambientale e umano. Noi vogliamo dimostrare che si può fare diversamente: difendere la costa significa anche restituire il mare alle persone, creare spazi educativi e sportivi, rigenerare la relazione tra cittadini e ambiente marino.”

A sostenere questa visione è anche Claudio Ponzani, presidente della Federazione Italiana Surfing, Sci Nautico e Wakeboard (FISSW), che definisce l’iniziativa “un modello virtuoso di collaborazione tra il mondo sportivo e le istituzioni territoriali”. Secondo Ponzani, “le difese litoranee, se concepite con criteri di sostenibilità e multifunzionalità, possono diventare infrastrutture sportive: luoghi sicuri e inclusivi dove la pratica sportiva valorizza il patrimonio ambientale e sociale delle nostre coste. I cosiddetti campi sportivi blu – continua – sono spazi di mare condivisi e rigenerativi, in cui sport, tutela e innovazione si intrecciano per creare nuove opportunità per i giovani e le comunità locali”.

Il progetto genovese si inserisce in un contesto di ricerca scientifica ampio che vede l’Università di Genova tra i protagonisti europei nella lotta all’erosione. I Dipartimenti DICCA e DISTAV partecipano infatti a diversi progetti Interreg Italia-Francia Marittimo – tra cui MAREGOT, AMIS, CRESO e SICOMAR+ – dedicati alla gestione integrata della fascia costiera, alla prevenzione dei rischi e al monitoraggio dell’evoluzione dei litorali. L’Ateneo è inoltre coinvolto nei programmi PNRR RAISE e RETURN, con attività di ricerca sui rischi di inondazione e sugli scenari di adattamento ai cambiamenti climatici.

Questa rete di competenze costituisce la base scientifica di Ocean Agorà, che oggi guarda oltre i confini liguri. Il Consorzio, che ha raccolto oltre 4.000 firme di sostegno e mobilitato più di 400 mila euro, è stato invitato a Bruxelles agli EU Ocean Days, dove ha presentato la propria esperienza come esempio di collaborazione tra cittadini, istituzioni e scienza. «La nostra ambizione – sottolinea Di Tullio – è fare di Genova un laboratorio europeo per l’innovazione urbana in ambito marino. Abbiamo dimostrato che difendere il mare può voler dire anche creare valore pubblico, occupazione, coesione territoriale. Ora serve il passo decisivo: trasformare questa visione in un progetto condiviso con la città».

Genova Ocean Agorà non è solo un’idea tecnica: è una proposta culturale. È la convinzione che le coste, oggi in prima linea contro gli effetti del cambiamento climatico, possano diventare luoghi di sperimentazione sociale, sportiva e ambientale. È la prova che l’innovazione, quando nasce dai territori e dalle persone che li abitano, può davvero cambiare il modo in cui viviamo il mare. «Il mare – conclude Di Tullio – non è un confine, ma un orizzonte e luogo di incontro di cultura e conoscenze. Ed è tempo che torni a essere vissuto così: come spazio di incontro, di educazione e di futuro».

Immagine Pixabay

 

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