Trasporto persone, sanificazione e servizi di cleaning, gestione rifiuti, vigilanza e portierato, ristorazione ed efficientamento energetico. Solo alcuni dei servizi necessariamente rispondono ai bisogni dei cittadini, sui territori, e producono lavoro. Come vede una politica di sviluppo di questi servizi essenziali ed indispensabili per la vita dei cittadini e che ne determinano anche la qualità?
Il modello di sviluppo che dobbiamo costruire dovrà avere sempre più nella dimensione del territorio e di un vero welfare di comunità, e nel rapporto tra pubblico e privato sociale, la propria traiettoria di intervento e di costruzione delle politiche. Il nostro assillo deve essere "ricucire": le fratture sociali procurate dalle molteplici crisi di questi anni, la relazione tra istituzioni e corpi intermedi, un rapporto utile tra rappresentanti e rappresentati. Il modello economico cooperativo può offire un contributo fondamentale in questo.
La competitività del nostro sistema imprenditoriale è il presupposto per la sua capacità di essere davvero inclusivo. La qualificazione degli acquisti pubblici, saper scegliere, selezionare operatori economici competenti e capaci non crede sia il presupposto fondamentale per evitare ribassi che si traducono in opere e servizi scadenti per i cittadini?
Questi anni hanno proprio mostrato quanto sia importante un sistema degli acquisti pubblici che penalizzi alcune pratiche scorrette o lesive dei diritti di lavoratrici e lavoratori. E al contempo incoraggi le tante buone pratiche che pure caratterizzano tante imprese del nostro territorio. Diverse sono le azioni che abbiamo portato avanti, soprattutto in questi ultimi cinque anni: la nostra Regione già oggi riconosce – nelle procedure di appalto – maggior punteggio alle imprese in cui vi sia un’organizzazione del lavoro improntata al benessere, alla salute e sicurezza del lavoro. Ci siamo particolarmente distinti per le scelte sul gender procurement, con elementi premiali per quelle aziende che promuovono misure improntate alla parità di genere. È chiaro che molto ancora possiamo fare in questo senso: un esempio? Il Green Public Procurement, che va incoraggiato e sostenuto e che ci può permettere di affrontare al meglio le sfide della conversione ecologica.
Transizione digitale e ambientale, smart city e rigenerazione urbana, sono tutti temi sempre più all’attenzione dell’opinione pubblica, destinati ad incidere sulla qualità della vita dei cittadini. Quali dovrebbero essere le azioni, gli strumenti da mettere in campo per accompagnare le imprese a sostenere l’evoluzione dei processi produttivi che sono alla base delle transizioni in atto?
Le sfide sono molte, a cominciare da quella ambientale. Dobbiamo renderci conto che non cambiare subito e in modo radicale il modo in cui produciamo e consumiamo, porta già oggi a conseguenze disastrose sulle nostre vite, sul nostro lavoro e sulla qualità della vita di tutte e tutti. Vale per le imprese, vale per le singole persone e vale anche per le istituzioni. Sarà necessario accompagnare nei prossimi anni chi è coinvolto nei processi di conversione ecologica e di transizione digitale, attraverso la formazione, l’apprendimento, l’orientamento, il sostegno economico, lungo tutto il percorso di cambiamento.
Per quel che riguarda la conversione ecologica, nel programma della coalizione che sostiene Alessio D’Amato una delle azioni in cui crediamo di più e che coinvolge anche le imprese è il sostegno alla nascita di 100 comunità energetiche in 100 comuni. Le comunità energetiche già oggi stanno suscitando un notevole interesse e fermento da parte di cittadini, associazioni, comuni, aziende, biodistretti. E con la nostra azione possiamo sicuramente permettere di superare alcune criticità importanti, che ne ostacolano la nascita e la diffusione.
La cooperazione è un modello di impresa che unisce partecipazione e competitività, spesso è capace di produrre eccellenze dando corpo ad un modello di economia sociale di mercato che oggi l’Europa sta riscoprendo come modello da sostenere e promuovere anche come risposta alle crisi e ad una sempre maggiore competizione globale. Non crede che possa essere un partner strategico per l’affermazione di un’economia dei servizi intesi per quello che dovrebbero essere e cioè un bene comune della collettività?
Assolutamente sì. E lo è già in molti settori della vita sociale, culturale, economica. In questi anni, spesso abbiamo lavorato gomito a gomito con il mondo della cooperazione, ad esempio per strutturare percorsi di accompagnamento per persone in condizioni di fragilità, o per costruire spazi e modalità di crescita e sviluppo per comunità territoriali, come le Officine Municipali. Oggi, proprio in virtù del riconoscimento del valore della cooperazione, possiamo fare ulteriori passi in avanti: penso ai processi di co-programmazione e co-progettazione che possono esser maggiormente incoraggiati nei prossimi anni. Ma anche alle cooperative di comunità che possono essere una risorsa per realizzare delle green communities, comunità locali che intendono definire piani di sviluppo sostenibili dal punto di vista energetico, ambientale, economico e sociale, per avviare un processo rigenerativo scommettendo sulla valorizzazione delle proprie risorse. O ancora, al ruolo delle cooperative sociali all’interno dei poli civici integrati per il mutualismo sociale, previsti dalla legge regionale n. 11 del 2016 e dal piano sociale regionale del 2019, pensati proprio come forme organizzative realizzate in collaborazione tra istituzioni locali e attori del mutualismo.